Su Imprenditori si parla di post verità

È uscito in questi giorni il nuovo numero di Imprenditori, la rivista che dal 1997 racconta e approfondisce temi economici attraverso le storie, le scelte, le idee, le passioni e i gusti di chi, ogni giorno, costruisce la sua impresa. Questo numero affronta un tema di cui si parla molto, le fake news e l’era della cosiddetta post-verità, ma lo fa sotto un punto di vista originale, quello dei riflessi di questi cortocircuiti mediatici sull’economia e le aziende.

Spiega il Direttore della testata Davide Caiti nel suo editoriale: “Siamo entrati in un’epoca dove si ha bisogno periodicamente di tirare fuori un nemico o un pericolo contro cui aizzare l’aggressività, di sbugiardare verità assodate a prezzo di qualsiasi fantasiosa teoria del complotto. Sembra quasi che la gente abbia bisogno di credere che non è più possibile credere a niente. Dove ci porterà questa tendenza? Sicuramente a nulla di buono.
E se la politica e la società sono in balia degli umori di un’opinione publica fin troppo sensibile a ogni sbuffo astioso delle fake news, anche il mondo economico e imprenditoriale deve temere questa atmosfera di artificiosa incertezza. Una società impaurita e sospettosa non cresce, non si sviluppa, non consuma, non crea, non vive. Una società in questo stato non può che rimanere in balia del capriccio creativo di piccoli apprendisti demiurghi, coloro che hanno capito come entrare nella mente della gente passando facilmente per la pancia, creando paure e dubbi, per gioco, sfida o con fini ben più loschi.
Il mondo dell’impresa non può sentirsi ragionevolmente protetto dalle fake news, ed i fatti nei mesi scorsi lo hanno più volte dimostrato. Talvolta basta anche solo una frase o una parola fuori posto di un dirigente. Altre volte è ancora più semplice, e la burrasca esplode fragorosa dal nulla, con una fake news spuntata dai miasmi oscuri dei social network e diffusa con la potenza di un’epidemia da un giorno all’altro.
Vi dirò che anche la nostra azienda alcuni mesi fa venne investita da una fake news. Una come tante, costruita con un’architettura consolidata: mirare ad un bersaglio grosso, di interesse generale, sabotarlo con una falsa notizia, confidare in nella viralità della condivisione spontanea. Ce ne siamo accorti quasi subito e siamo riusciti a disinnescare la minaccia, ma la fake news avrebbe potuto mandare a monte il lavoro di molti mesi ed un evento atteso da migliaia di persone. Così non è stato. Ma non sempre un’azienda presa di mira riesce a uscire da queste situazioni velocemente e senza danni.
La sola cura per sconfiggere l’epoca della post-verità è la consapevolezza, la capacità di ragionamento, di scelta, di valutazione. E’ una missione che deve impegnare tutti, dal mondo della politica a quello dei mass media, dai gestori dei social network all’imprenditoria. Una società acritica perché spinta all’ipercritica non conviene a nessuno. La calunnia è un venticello, ma al tempo della globalizzazione una fake news può diventare uno tsunami”.

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